Dell’Utri e l’oro nero di Putin

Dell’Utri e l’oro nero di Putin di Lirio Abbate e Paolo Biondani  Il braccio destro del Cavaliere protagonista del business petrolifero con la Russia. In affari con un calabrese ora latitante per mafia. E l’appoggio dei servizi segreti di Mosca. Ecco le intercettazioni esclusive Da L’Espresso Tra l’Italia di Berlusconi e la Russia di Putin ora spuntano gli affari petroliferi di Marcello Dell’Utri. Braccio destro del Cavaliere fin dagli anni Settanta, il senatore del Pdl è il mediatore d’eccezione in compravendite di greggio e trattative per forniture di gas definite “colossali”. Operazioni commerciali che vengono gestite attraverso una società energetica che ha sede in Svizzera, ma è controllata da un miliardario russo di origine ucraina: tra i suoi amministratori c’è un manager italiano, che Dell’Utri indica come il suo emissario, impartendogli istruzioni e direttive. Ma il dato più strabiliante è che questo business viene organizzato dal parlamentare berlusconiano, da poco condannato anche in appello per mafia a Palermo, accordandosi con un pregiudicato calabrese, emigrato in Venezuela per sfuggire a precedenti condanne per bancarotta, che ora è ricercato dai magistrati di Reggio Calabria che indagano nientemeno che sul clan Piromalli, la cosca della ‘ndrangheta di Gioia Tauro. A svelare questo assurdo intreccio tra petrolio, politica, mafia e affari è un faldone di intercettazioni internazionali finora inedite. Tra dicembre 2007 e aprile 2008 Dell’Utri parla a lungo al telefono con un certo Aldo Miccichè, ex politico della Dc calabrese trasferitosi in Sudamerica per sfuggire alla giustizia italiana. Miccichè viene intercettato perché ha rapporti strettissimi con la cosca mafiosa di Gioia Tauro, in particolare con Antonio Piromalli, oggi 38enne, che guida la famiglia dopo l’arresto del padre. L’inchiesta è delicata per molti motivi: gli appalti del porto stanno facendo scoppiare una guerra di mafia tra i Piromalli e i Molè, alleati “da cent’anni”; e il figlio del boss incarica Miccichè di muovere le sue conoscenze, tra massoneria e ministero della Giustizia, per far revocare il carcere duro (41 bis) al genitore. Miccichè parla anche di affari e politica: alla vigilia delle elezioni del 2008 garantisce a Dell’Utri di poter “bruciare e sostituire” migliaia di schede con i voti degli italiani all’estero. La polizia avverte subito il Viminale. E così, già due anni fa, i giornali pubblicano le prime intercettazioni, quelle sui progetti di frode elettorale. Gli affari petroliferi invece restano segreti. Nel frattempo sono successe tante cose: nel luglio 2008 i magistrati hanno ordinato l’arresto di Miccichè, che da allora è latitante; i suoi amici del clan Piromalli sono stati incarcerati e condannati in primo grado; e nei processi l’accusa ha dovuto pubblicare anche le intercettazioni su gas e petrolio. Mentre i messaggi svelati da WikiLeaks hanno mostrato la preoccupazione degli Stati Uniti per i rapporti tra Berlusconi e Putin, con richieste ai diplomatici di scoprire i possibili interessi personali e i misteri degli accordi Eni-Gazprom. Ora “L’espresso” è in grado di fornire una prima risposta, documentata dalle chiamate dello stesso Dell’Utri. Che, essendo parlamentare, non è mai intercettabile direttamente, ma solo quando è al telefono con un intercettato per mafia. La prima chiamata è del 14 dicembre 2007, ore 18.39. Dell’Utri dice di aver “ricevuto il fax” su un affare petrolifero. Miccichè gli fa notare che “Massimo è un ragazzo in gamba”. E il senatore commenta: “Trovare persone valide è il mio mestiere”. Chi è questo “ragazzo” reclutato da Dell’Utri? È Massimo De Caro, che ad appena 34 anni è vicepresidente della Avelar Energy (gruppo Renova), che ha sede in Svizzera ma appartiene all’undicesimo uomo più ricco della Russia, Viktor Vekselberg (vedi box a pag. 44). La prima sorpresa è proprio questa: Dell’Utri ha un suo uomo al vertice di un colosso russo-elvetico dell’energia.
Le intercettazioni registrano tutte le fasi del primo affare: greggio venezuelano, che però è esportabile solo tramite triangolazioni con Mosca. Il 29 dicembre proprio De Caro è al fianco di Dell’Utri mentre il senatore telefona a Miccichè, che lo saluta come “il miglior del mondo”. Leggendo “una nota segretissima”, il calabrese propone di acquistare greggio dalla compagnia venezuelana Pdvsa. Qui interviene De Caro: “Però la Russia… Gli conviene che a farla sia Viktor”. Viktor è il nome del padrone della Avelar. Eppure, secondo Miccichè, l’affare dipende da Dell’Utri: “Io vado lì e dico: mi manda Picone, e quando dico Picone intendo Marcello… È un’operazione perfetta”. Cosa c’entri la Russia con il greggio venezuelano, lo si capisce solo quando Dell’Utri tira in ballo un intermediario “che poi vende tutto a Gazprom”, il gigante energetico controllato dagli uomini di Putin. Pagina Uno Di Tre Continua Su L’Espresso clicca leggi